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Lunga vita!!! (all’ultimo aborigeno di Roghudi)

di Francesco Manglaviti

Nei giorni scorsi, era il 12.04.2012, alcuni componenti del Gruppo Archeologico Valle dell’Amendolea di Condofuri, spinti da una viscerale passione che li lega a doppio mandato  con il territorio, si sono addentrati (rigorosamente a piedi!!!) nelle impervie colline che da Roccaforte del Greco degradano verso la fiumara dell’Amendolea. Chi, come loro, è solitamente abituato a sostare continuamente e riflettere su ciò che si appresta a calpestare, non può non accorgersi che questi luoghi sono di una straordinaria, quanto unica, bellezza. Lo sguardo, senza volerlo, cade sui persistenti panorami  e declivi mozzafiato che portano sul letto bianchissimo della fiumara.

Sollecitando appena la fantasia, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un paesaggio pressoché lunare: un atipico scenario, comprendente tra l’altro i ruderi cadenti di ciò che furono i centri abitati di  Roghudi e Ghorio di Roghudi. Borghi, questi ultimi, che qualche decennio orsono rappresentavano un florido quanto intenso brulicare di intrecci socioeconomici e che oggi rappresentano il monumento dell’abbandono. Nel 1971, infatti, in seguito a delle piogge insistenti e torrenziali, è intervenuto il trasferimento forzoso degli abitanti di questi centri.

Si sono smantellati siti che furono crocevia di apprezzabili scambi culturali; spazi, dove i gesti di solidarietà si susseguivano con ritualità spontanee; luoghi, dove era costantemente celebrato il culto della generosità e l’arte della civile convivenza. Insomma, si sono cancellati secoli di storia, dove gli uomini hanno faticosamente e sapientemente costruito ciò che le bestie ora lentamente, ed inesorabilmente, distruggono.

Visitare uno di questi borghi abbandonati è come fare un viaggio nel tempo. Tra ruderi di case e vegetazione incolta, è facile ritrovarsi a immaginare come doveva essere quand’era “vivo”.

I componenti del Gruppo, di cui sopra, oltre all’esercizio dell’immaginazione, hanno potuto godere di una testimonianza preziosissima. Si sono trovati di fronte l’ultimo baluardo in carne, ossa ed ostinazione di una cultura centenaria che ad indagarla rievoca suggestioni indescrivibili. Questo uomo è l’unico esemplare vivente che può ergersi a vero eroe del mantenimento di una cultura, quella grecanica, che ha plasmato di dignità queste aspre vallate. Pur di dar sfogo alla sua tenacia e perseveranza, ha dato un calcio alla modernità rifiutando il confort ed i benefici di cui tutti noi abbiamo abusato e che oggi presentano un conto salatissimo alle future generazioni.

Per lui il tempo si è fermato al 19 febbraio del 1971, quando il Sindaco di allora, Angelo Romeo, firmò il decreto di sgombero di quelle contrade. Chi lo sa, alla fine, se una scorpacciata di telepromozioni varrà più dell’essere cullati da uno scroscio trastullante e continuo della fiumara dell’Amendolea o dell’ebbrezza soffice e naturale che accompagna il profumo della ginestra.

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